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Com'è noto, il principio di separazione dei poteri su cui si fondano le moderne democrazie prevede che sia il Parlamento a legiferare, residuando al Governo il ruolo di "esecutivo".
Tale principio, però, ha subito (e continua a subire) numerose "interferenze", per così dire, alla luce del ruolo sempre più preponderante assunto dal Governo, anche in ordine alla potestà legislativa.
Sono noti gli interventi della Corte Costituzionale sulla non reiterabilità dei Decreti Legge (sent. n. 360/96) e, più di recente, del Presidente della Repubblica che, interpretando in maniera sempre più attiva ed incisiva il proprio ruolo di garanzia, ha più volte censurato il comportamento "esorbitante" del Governo, tendente, in molti casi, a svilire il ruolo stesso del Parlamento.
Eccesso di "autoritarismo" del Governo e, soprattutto, dell'attuale logica politica di cui è espressione il premier?
Può darsi, ma è lo stesso Parlamento e metterci del suo, di fatto abdicando spontaneamente ai poteri che gli spetterebbero.
La potestà legislativa delegata, in particolare, può essere esercitata nei limiti e con le modalità di cui all'art. 76 della Costituzione e dell'art. 14 della Legge n. 400 del 1988.
In queste ipotesi è il Parlamento che, in sostanza, si "spoglia" volontariamente delle proprie prerogative "delegandole" al Governo, temporaneamente e limitatamente, sulla base appunto di una legge "delega".
Tale provvedimento normativo deve contenere i "principi e criteri direttivi ai quali il decreto legislativo deve attenersi", nel senso che "il controllo sulla normativa delegata implica che si proceda: a) all'interpretazione delle norme della legge di delegazione che determinano i principî e i criteri direttivi, da ricostruire tenendo conto del complessivo contesto normativo e delle finalità che ispirano la delega; b) all'interpretazione delle disposizioni emanate in attuazione della delega, tenendo presente che i principî stabiliti dal legislatore delegante costituiscono non solo il fondamento ed il limite delle norme delegate, ma anche un criterio per la loro interpretazione" (Cesare Ruperto, La giustizia costituzionale nel 2000).
Così, però, spesso non è.
Vediamo un esempio recente.
L'art. 19 della legge 4.6.10 n. 96 (C.d. "Comunitaria 2009"), rubricata "Delega al Governo per il recepimento della direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente", stabilisce:
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di recepire le disposizioni della direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente, e della direttiva 2009/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto delle modalità e delle procedure di cui all’articolo 1, secondo i princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
a) introdurre tra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, le fattispecie criminose indicate nelle direttive di cui al comma 1;
b) prevedere, nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati di cui alla lettera a), adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie, di confisca, di pubblicazione della sentenza ed eventualmente anche interdittive, nell’osservanza dei princìpi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili, e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni.
Il sostanza, il Parlamento attua un rinvio de plano alla direttiva, senza indicare espressamente ed in modo chiaro e dettagliato quei "principi e criteri direttivi" che, come abbiamo visto, dovrebbero inspirare la legge delega, anche al fine di consentire il sindacato di legittimità sul decreto poi approvato dal Governo.
Proviamo a leggere la direttiva in questione (2008/99/CE).
Articolo 3: Infrazioni
Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:
a) lo scarico, l'emissione o l'immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell'aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l'attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell'ambito dell'articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, e sia effettuata in quantità non trascurabile in un'unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;
d) l'esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all'esterno dell'impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l'uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l'importazione, l'esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
f) l'uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto;
i) la produzione, l'importazione, l'esportazione, l'immissione sul mercato o l'uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.
Articolo 4: Favoreggiamento e istigazione ad un reato
Gli Stati membri provvedono affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l'istigazione a commettere intenzionalmente le attività di cui all'articolo 3.
Articolo 5: Sanzioni
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.
Soprattutto sotto il profilo della sanzione, la direttiva lascia ampio margine di manovra agli Stati membri: si parla, infatti, di comportamenti "punibili penalmente" e di "sanzioni penali efficaci", senza minimamente entrare nel merito della sanzione nè, tantomeno, della fattispecie criminosa.
I fatti rilevanti debbono essere necessariamente delitti o posso essere anche contravvenzioni, come sono, in genere, gli illeciti ambientali?
Come debbono essere perseguiti: basta l'ammenda o serve l'arresto?
Come discipliniamo, se fossero delitti, l'elemento soggettivo?
Rileva il dolo o basta la semplice colpa?
Come dobbiamo intendere il riferimento alla "grave negligenza", che nel nostro ordinamento non esiste come categoria autonoma?
È una sorta di "colpa grave", per cui tutti questi nuovi reati dovranno essere necessariamente delitti?
Tutte queste questioni non hanno minimamente sfiorato il nostro Parlamento, che si è limitato ad autorizzare il Governo a dare recepimento alla direttiva comunitaria, con una sorta di "carta bianca" tale da svilire i principi costituzionali...
Non siamo di fronte, quindi, solamente e semplicemente ad un Governo che, per calcolo politico e necessità contingente, tende ad esautorare e svilire il Parlamento, ma ad uno stesso organo legislativo che ignora volontariamente i propri compiti e rinuncia ai propri poteri.
Con buona pace della centralità del suo ruolo e di quello della volontà popolare, che proprio per il tramite del Parlamento (e non del Governo, che ne rappresenta solo una parte) dovrebbe realizzare il dettato del secondo comma dell'articolo 1 della nostra carta fondamentale, secondo il quale "La sovranità appartiene al popolo".
Avv. Alberto Teso